di Alfredo Gabriele Di Placido, EDITeam*

L’Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro (ANMIL) ha celebrato oggi, 9 ottobre, la 72esima Giornata nazionale per le vittime del lavoro.

Con lo slogan “La nostra storia comincia dove finisce la prevenzione”, la giornata ha visto la manifestazione principale svolgersi a Fiume Veneto, in provincia di Pordenone. Il presidente della Repubblica Mattarella nel messaggio inviato all’ANMIL scrive: “Lo sviluppo di nuove tecnologie ha mutato radicalmente la natura e la stessa dimensione spazio-temporale dei luoghi di lavoro. Purtroppo, questa fase non è stata accompagnata da una crescita proporzionata delle iniziative verso la prevenzione. Lavorare non può significare porre a rischio la propria vita”.

Anche il Ministro del Lavoro uscente, Andrea Orlando, ha inviato un messaggio: “Quello che ho imparato in questa esperienza, è che per quanto si agisca sul piano normativo, repressivo, dei controlli, questo è solo un fronte della battaglia. Un secondo piano, altrettanto importante, è quello culturale, della consapevolezza sia delle imprese che dei lavoratori”.

Naturalmente manca un messaggio del Ministro della Salute, essendo stata imboccata da un po’ di tempo la via della scissione del binomio salute-lavoratore. Basti ricordare la Legge 215/2021 ed i comunicati stampa e le relazioni trionfalistiche, quasi da Cinegiornale Luce, del direttore dell’Ispettorato Bruno Giordano. Eppure la salute nei luoghi di lavoro, la tutela dei lavoratori rientra all’interno dei Livelli essenziali di assistenza. È una questione di salute, prima di tutto. Poi vengono le prescrizioni, le contravvenzioni, i toni trionfalistici sulle punizioni comminate.

Nel 2022 sono stati denunciati 484.561 infortuni e 677 mortali, lo stesso slogan della giornata e le stesse parole del presidente Mattarella riportano al concetto di prevenzione. Eppure colui che, ormai nel lontano 1997, fu individuato come l’operatore sanitario responsabile delle attività di prevenzione è ancora misconosciuto (concetto diverso rispetto allo “sconosciuto”. Misconoscere, cito la Treccani, vuol dire: “non voler riconoscere o apprezzare una cosa per ciò che essa è realmente, o nel suo giusto valore”). Se non addirittura sostituito con altre figure professionali che, però, non hanno la formazione universitaria specificatamente prevista per i Tecnici della Prevenzione (oltre all’abilitazione e all’iscrizione al relativo Albo professionale che, secondo legge, dovrebbe tutelare la figura professionale che rappresenta…).

Ha ragione il ministro Orlando quando parla di “fattore culturale”, ne parlava già il compianto Carlo Smuraglia quando paragonava il nostro Paese con quelli scandinavi.

E rincuora anche una (apparente) ritrovata sensibilità sul tema da parte delle Regioni, da cui dipendono le ASL. Sempre oggi infatti Massimilano Fedriga, presidente del Friuli Venezia Giulia nonché della Conferenza Stato-Regioni, ha dato la sua disponibilità ad avviare un confronto nazionale sul tema delle morti sul lavoro. “Solo in questo modo si può creare una rete di esperienze che possano essere condivise, per rendere più efficace la lotta alla piaga degli incidenti sul lavoro in Italia”.

Ecco. Che si costituisca un Tavolo nazionale, con rappresentati tutti i portatori d’interesse, per fermarsi a pensare e a riconsiderare tutta la materia della salute e sicurezza sul lavoro, compresa la vigilanza e dei controlli (ad esempio, una delle domande su cui ragionare è: può essere efficiente ed efficace la duplicazione delle competenze?). Soprattutto si ragioni su come agire culturalmente sulla testa dei datori di lavoro e, ahimè molte volte, anche su quella dei lavoratori.

Solo con la repressione i numeri allarmanti degli infortuni (una media di 3 al giorno) non diminuiranno.

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*EDITeam è un OpenLab di scrittura promosso da UNPISI ed aperto ai colleghi interessati a valorizzare le proprie abilità di redazione e divulgazione tecnico-scientifica. Le richieste di partecipazione dovranno pervenire via email all’indirizzo newsletter@unpisi.it

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